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domenica 27 gennaio 2013

Diete, biologia della fame e sopravvivenza


Perché le diete dimagranti spesso falliscono?
Perché non riesco a stare a dieta?
Perché, quando mi metto a dieta, finisco sempre per mangiare un sacco di cose che dovrei evitare, e lo faccio magari di nascosto?

Ecco qualcosa che dovresti conoscere, prima di cominciare l’ennesima dieta dimagrante. Il Minnesota studium ovvero l’effetto della denutrizione sul corpo e sulla mente.

Non è una novità, questo esperimento condotto dal fisiologo Ancel Keys negli anni 44 e 45. Un gruppo di volontari sani, tutti maschi e giovani, furono sottoposti per un periodo di 12 settimane ad un regime alimentare marcatamente ipocalorico, allo scopo di determinare l’influenza della denutrizione su fisiologia e comportamento. Il risultato di questo lavoro, che aveva lo scopo di  migliorare la conoscenza della denutrizione per poter aiutare nel modo più efficace le popolazioni europee stremate dalla seconda guerra mondiale, è stato illustrato in un libro dal titolo emblematico: The biology of human starvation (Keys, 1950).
Tutti i 36 volontari sottoposti alla dieta sperimentavano, sia pure con modalità diverse e individuali, gli stessi sintomi  quali: astenia, depressione, irritabilità, scarsa propensione ai rapporti sociali e sessuali.  In tutti si verificava un aumento dell’interesse nei confronti del cibo. Non solo fame, quindi, ma una vera e propria ossessione, che  portava a collezionare utensili e ricette di cucina, ad  assumere i cibi bollenti o eccessivamente salati e speziati, gomme da masticare, sigarette, a mangiare e masticare lentissimamente e prolungare per ore la durata dei pasti. Un altro effetto della dieta erano le abbuffate, seguite dai sensi di colpa e l’incremento dell’attività fisica praticata, nonostante la stanchezza, allo scopo di aumentare la perdita di peso. 
Molti di questi  sintomi sono stati interpretati come adattamenti alla restrizione calorica. Una sorta di spending rewiew che aiuta l’organismo a sopravvivere in tempi di carestia, abbassando il metabolismo basale anche del 40%.  Anche le modifiche  comportamentali si spiegano con la necessità di concentrare tutte le risorse nella ricerca del cibo, più importante del sesso e della socialità in queste circostanze.
 Ma ci sono aspetti che  dovrebbero far riflettere.  A cosa ti servono le ricette di cucina se se stai morendo di fame? Perché fumi e mastichi chewing gum? E soprattutto, perché cerchi di dimagrire ancora di più praticando un’insensata attività fisica?
Recentemente (Garner, 1997) i risultati di Keys sono stati confrontati con i sintomi dei soggetti affetti da disturbi del comportamento alimentare, come l’anoressia e la bulimia. E si è visto che i sintomi delle pazienti affette da DCA sono ampiamente sovrapponibili a quelli dei volontari del Minnesota. Rendendo evidente che il comportamento, alimentare e non solo, delle ragazze anoressiche e bulimiche è in gran parte determinato dal digiuno autoimposto più che dalla malattia stessa. E anzi, il digiuno ha un ruolo importante nel mantenimento dei sintomi e della malattia. E non viceversa. Si è stabilito un legame di causa ed effetto tra dieta (marcatamente) ipocalorica e disturbi del comportamento alimentare.
Non tutti i volontari di Keys arrivarono al termine delle 3 settimane previste dall'esperimento. Alcuni di loro gettarono la spugna e ricominciarono ad alimentarsi normalmente. Molti sperimentarono abbuffate durante e dopo l’esperimento e alcuni di loro divennero obesi. E’ più o meno quello che succede alle persone a dieta, che spesso si arrendono e ricominciano a mangiare come prima e più di prima. Vanificando i risultati  e sperimentando un profondo senso di colpa!
Ma alla luce di quanto detto sopra, i sensi di colpa sono fuori luogo, visto che  quella di abbandonare una dieta strettamente ipocalorica è in definitiva una reazione normale, di sopravvivenza.
Questo non significa che chi è sovrappeso è destinato a rimanere tale. E d’altra parte anche il sovrappeso, e peggio, l’obesità, sono dannosi per la salute e per la qualità della vita.
Non  tutte le persone che si mettono a dieta per dimagrire fanno questa fine. Molto  dipende da che tipo di dieta si segue. La dieta di Keys era marcatamente ipocalorica. Forniva circa la metà del fabbisogno energetico giornaliero. Troppo poco e troppo pesante per l’organismo. Per poter tollerare una dieta è necessario che l’apporto energetico non sia troppo basso e che l’alimentazione fornisca tutti i micro e macronutrienti in quantità ottimale. O giù di li. Magari aiutandosi con qualche integratore. Una buona dieta dovrebbe anche soddisfare le nostre aspettative edonistiche e prevedere momenti di libertà alimentare. Una buona dieta non dovrebbe essere improvvisata. Non solo perché fa male ma anche perché non funziona e rischia di essere controproducente.
Pensiamoci, la prossima volta che ci accingiamo a intraprendere la dieta del minestrone!