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lunedì 25 gennaio 2016

Tra cibo e mente

Sono da sempre convinta che ci sia uno stretto legame tra le abitudini alimentari e le vicissitudini della nostra vita. 

Quando siamo tristi, ci sentiamo soli ma anche se siamo felici, confusi o eccitati le nostre  sensazioni si riflettono sul nostro modo di mangiare, facendoci desiderare determinati alimenti invece di altri. Tutto ciò influenza in modo importante le nostre abitudini e di conseguenza il nostro stato di salute

E questo è vero in presenza di disturbi del comportamento alimentare conclamati (anoressia, bulimia) ma riguarda anche tutte le persone cosiddette “normali”, sempre che abbia senso parlare di normalità in questo ambito, poichè ciascuno è normale a modo suo.

Per elaborare una dieta, accanto alla (imprescindibile) conoscenza della fisiologia e dei fabbisogni energetici e nutritivi, occorre  tenere conto di questi aspetti, ma attualmente mancano linee guida condivise su come operare.

E’ per questo che ho approfittato dell’occasione, offertami dall’ENPAB, di collaborare allo studio “Indagine sulle abitudini alimentari e incidenza sulla dipendenza da cibo degli italiani che si rivolgono ai nutrizionisti».

Lo studio, che coinvolge una rete di più di 1000 nutrizionisti in tutta Italia, prevede una prima fase di raccolta informazioni. La partecipazione dei nostri pazienti è su base volontaria. 

A chi si rivolgerà al mio ambulatorio io chiederò se vorrà partecipare allo studio, e in caso affermativo, fornirò un apposito questionario da compilare in maniera anonima e in autonomia

I questionari raccolti da tutti i nutrizionisti nell’arco di un anno serviranno come base per conoscere a fondo il legame tra alimentazione e dipendenza dal cibo. Serviranno per elaborare in seguito LINEE GUIDA che renderanno più efficace e scientificamente valido il nostro lavoro di nutrizionisti.


E’ bene precisare che nessuno dei miei pazienti sarà obbligato a partecipare, ne dovrà giustificarsi in caso di diniego.


A quanti accetteranno di partecipare va fino da ora il mio ringraziamento.

domenica 24 gennaio 2016

Dolci si o dolci no?

Inverno, freddo e voglia di dolci.
Non è una perversione della gola, è una reazione normale alle basse temperature e alle lunghe ore di buio di questa stagione. Non a caso a questa stagione si celebrano festività a base di luci, alimenti calorici grassi e dolci. Alcune specie animali, certamente più evolute della nostra, fanno ancora di meglio e vanno in letargo.

Per chi sta a dieta, questo è notoriamente un periodaccio, la voglia di cose dolci, incentivata anche dalle pubblicità a tutte le ore di cioccolatini e merendine, si scontra con l'imperativo categorico di dovervi rinunciare. O perdi la linea o perdi la ragione, spesso il dilemma è questo.

Ma è poi così vero che dolci e alimentazione equilibrata non sono compatibili?

Un dolce alla fine è un cibo come un altro, e inserirlo in una giornata alimentare senza fare danni è ancora una questione di equilibrio. Conoscendo (e modificando) gli ingredienti si può fare.

I dolci sono fonte di abbondanti carboidrati e aumentano il carico glicemico dei pasti. Stimolano i rilascio di insulina, e il resto lo sappiamo.
 Allora per rendere un dolce meno pericoloso possiamo lavorare sulla ricetta per abbassarne il carico glicemico. Come? Aumentando l'apporto di proteine, di fibre e non limitando troppo la quantità di grassi.

Possiamo usare farina integrale macinata a pietra al posto della "00".
La farina di grano saraceno è ricca di proteine, quella di avena o di segale molto più ricca di fibre.
Ma si possono usare anche fiocchi di avena interi (o grossolanamente macinati con frullino di casa). Da evitare invece amido di mais, fecola di patate, farina di riso che sono tutti ad alto indice glicemico.

La frutta apporta fibre, sapore, colore, e fa volume senza aumentare troppo l'apporto di energia.
Zucca e carote sono ingredienti insoliti ma di sicuro effetto, e in Toscana si fanno anche le torte di erbi e di zucchine (la scarpaccia viareggina).

Vaniglia, cannella, zafferano e addirittura peperoncino. Spezie che danno sapore senza fare danno.

Utile l'aggiunta di cacao amaro (fonte di fibra e proteine).
Evitiamo invece il cacao solubile (praticamente solo zucchero) e le farciture a base di crema spalmabile alle nocciole (ricchissima di grassi di pessima qualità).

Uova e latte apportano proteine e contribuiscono all'equilibrio nutrizionale del dolce. Il latte vegetale invece (e soprattutto quello di cereali) apporta sostanzialmente solo zucchero...non ce n'è bisogno.

E a proposito di zucchero: bianco o di canna?
E' lo stesso!
 Lo zucchero, sia di canna che di barbabietola ha lo stesso apporto di zuccheri e lo stesso indice glicemico. E si tratta in entrambe i casi di prodotti  raffinati (perchè dalla canna  allo zucchero di canna ce ne corre...).
Il miele? Ha indice glicemico più alto del saccarosio.
Il fruttosio? Non è più indicato dello zucchero comune.
 In conclusione, lo zucchero è zucchero, si tratta di sceglierlo in base ai gusti (e al prezzo!) e poi metterne la minima quantità utile.



Un dolce fatto con questa filosofia diventa un alimento come un'altro, in assenza di specifiche controindicazioni ce lo possiamo permettere. Magari poi si va a a fare una girata.