La cucina Greca, e in particolare cretese, è quella che per prima ha ispirato ad Ancel Keys la definizione di dieta mediterranea, ritenuta da allora (erano gli anni 50) la più adatta a prevenire le patologia del benessere che affliggono i paesi più ricchi. E' basata su un abbondante varietà di prodotti della terra, verdura e frutta, su latticini e in particolare yogurt soprattutto di capra, pesce, soprattutto povero, e miele di macchia mediterranea. Poca carne, e soprattutto ovina e caprine. Di bestie allevate allo stato semi randagio, e pertanto magre e saporite (magari un po dure, ma questo è inevitabile).
Pochi dolci (spesso nel menù delle taverne più semplici, la voce dessert non è proprio contemplata!). Pochi, pochissimi alimenti confezionati e di importazione.
Anche il concetto di aperitivo non ha preso piede, e non si vedono le tavolate di stuzzichini ipercalorici che usano da noi.
Questo era vero ai tempi di Ancel, ed è abbastanza vero anche adesso.
La mia prima volta in Grecia risale al 2008, a Rodi. Dove ho potuto apprezzare un'ottima cucina greca con contaminazioni arabe. Il famoso caffè greco con il fondo in effetti è caffè turco, come la Baklava e l'Hummus. Anche se è meglio non farglielo notare...:)
Già allora però, avevo notato che nelle taverne più economiche frequentate dai greci il cibo era più monotono e scadente. L'opposto di quello che succede in Italia, dove spesso ai turisti si rifilano cose improponibili!
Nel 2014 ho visitato Creta e l'evoluzione che ho visto nella qualità della taverna media non è incoraggiante. I menù continuano ad offrire molti piatti diversi, ma poi spesso le uniche cose che si trovano sono la solita insalata greca, l'agnello, lo yogurt greco che è alla base anche di numerose salse e "insalate" usate come contorno. Pane all'aglio, olive. Spesso non c'è altro. Non hanno altro. Niente altro che ciò che può offrire l'orto di casa e il pascolo. Niente di importato ne conservato. Niente tovaglioli (spesso). Niente servizio (self service, perchè anche il personale è ridotto al minimo).
Non si può non pensare alla povertà, e all'anticamera della chiusura per molti locali, soprattutto fuori dalle grandi città. Non si può non pensare a che fine stà facendo la loro civiltà millenaria. Non si può fare analogie con quanto succede in molte regioni del nostro paese. E da ultimo, non si può non arrabbiarsi, anche se non con loro.
A Balos abbiamo mangiato in una pittoresca taverna che sembrava sospesa in uno scenario da fine del mondo. Da avamposto della civiltà. Teli colorati sospesi per fare ombra, teschi di capra e piantine di basilico nano come complementi d'arredo. Servizio spartano. Ho preso caffè greco e cocomero, dividendomi le bucce con le capre.
La proprietaria mi ha preso in simpatia e mi ha dato perfino un tovagliolo con cui mi sono: pulita le mani, soffiato il naso, pulito il vetro della macchina e liberato i piedi dalla sabbia. La parsimonia è d'obbligo.
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