DCA
e sesso femminile: alcune osservazioni….
Anoressia e bulimia non hanno a che vedere unicamente con
l’alimentazione ma sono legati alle pressioni culturali e
sociali a cui le donne nella società
industriale sono sottoposte. Affrontare questi problemi dal solo punto di vista
nutrizionale non è sufficiente per la completa guarigione delle pazienti;
occorre invece esaminare i fattori che hanno contribuito all’insorgenza del
disturbo e ne hanno favorito la durata nel tempo.
L’ideale
di bellezza femminile nella nostra società è
legato all’estrema magrezza.
Le donne che non corrispondono a questo
ideale, proposto dai mass media,
dall’industria della moda e perfino dai giocattoli destinati alle bambine, sono spinte a mettersi a dieta.
Basta guardare i programmi televisivi, e le pubblicità,
dopo le festività natalizie…..
Il dieting è un
comportamento diffuso e socialmente approvato, tanto che si è sviluppata una fiorente
industria della dieta, che offre alimenti,
prodotti e trattamenti dedicati a chi vuole dimagrire. Anche in ambiente medico
si da molta importanza ai rischi del sovrappeso per la salute. D’altra parte la
meta da raggiungere non è il peso forma, sano e biologicamente ottimale ma un
ideale estetico, lontano dalle caratteristiche della donna media e spesso
impossibile da raggiungere. Chi soffre di DCA
ha una alterata percezione del proprio corpo, che è visto come più
grasso di quello che in realtà sia, ma i canoni estetici
attuali spingono molte donne normopeso a considerarsi grasse. E’ importante invece che la paziente sappia che il suo
peso forma non è il più basso peso possibile ma un intervallo di valori che sono compatibili con
la salute, valori spesso molto al di sopra dei canoni estetici. E’
necessario contrapporre alla cultura della magrezza quella della salute.
Alle donne è richiesto di occuparsi dell’alimentazione di
tutta la famiglia, e spesso
una donna a dieta si sente in dovere di cucinare piatti gustosi e soddisfacenti
che poi non deve mangiare. Non c’è da
meravigliarsi quindi se le ragazze anoressiche cucinano dolci e alimenti
ipercalorici destinati ad altri: si tratta
dell’esasperazione di un comportamento che è comunque ritenuto positivo per una
donna, e pertanto socialmente incoraggiato.
Il compito di chi prepara i pasti è reso ancora più arduo
dalla cronica mancanza di tempo. L’industria
alimentare offre piatti di rapida
preparazione o precucinati che
al vantaggio della praticità contrappongono spesso un eccessivo apporto di
grassi, zuccheri, sale. Cibi così arricchiti sono più palatabili ma un loro
consumo frequente favorisce inesorabilmente l’aumento di peso. Mancano nel
consumatore medio gli strumenti culturali e critici per
un acquisto consapevole di questi prodotti.
Ma l’educazione
alimentare sta al cittadino (e
alla cittadina!) come la pubblicità sta al consumatore!
L’educazione alimentare è particolarmente importante per la
paziente affetta da disturbi del comportamento alimentare la cui capacità di giudizio è messa in
crisi dal disturbo stesso. E’
importante smascherare le pubblicità che incitano alla dieta ma anche quelle
che danno indicazioni fuorvianti circa reale contenuto energetico e nutritivo
dei prodotti industriali. Si noti che per molti prodotti (yogurt, cereali da colazione) la
pubblicità si rivolge quasi esclusivamente ad un pubblico femminile.
Il nutrizionista che si occupa il trattamento dei
disturbi del comportamenti alimentare, dovrebbe affrontare questi argomenti con
le pazienti e magari con le loro famiglie. Il nostro ruolo non è quello di
cambiare la società ma quello di fornire strumenti culturali adeguati alle
pazienti, e insegnando loro a leggere con occhio critico questi messaggi
anziché recepirli passivamente e adeguarsi inconsapevolmente.
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