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giovedì 2 gennaio 2014

DCA e sesso femminile: alcune osservazioni

DCA e sesso femminile: alcune osservazioni….
Anoressia e bulimia non hanno a che vedere unicamente con l’alimentazione ma sono legati alle pressioni culturali e sociali a cui le donne nella società industriale sono sottoposte. Affrontare questi problemi dal solo punto di vista nutrizionale non è sufficiente per la completa guarigione delle pazienti; occorre invece esaminare i fattori che hanno contribuito all’insorgenza del disturbo e ne hanno favorito la durata nel tempo. 

L’ideale di bellezza femminile nella nostra società è legato all’estrema magrezza.
Le donne che non corrispondono a questo ideale, proposto dai mass media, dall’industria della moda e perfino dai giocattoli destinati alle bambine, sono spinte a mettersi a dieta.

Basta guardare i programmi televisivi, e le pubblicità, dopo le festività natalizie…..

 Il dieting è un comportamento diffuso e socialmente approvato, tanto che si è sviluppata una fiorente industria della dieta, che offre alimenti, prodotti e trattamenti dedicati a chi vuole dimagrire. Anche in ambiente medico si da molta importanza ai rischi del sovrappeso per la salute. D’altra parte la meta da raggiungere non è il peso forma, sano e biologicamente ottimale ma un ideale estetico, lontano dalle caratteristiche della donna media e spesso impossibile da raggiungere. Chi soffre di DCA  ha una alterata percezione del proprio corpo, che è visto come più grasso di quello che in realtà sia, ma i canoni estetici attuali spingono molte donne normopeso a considerarsi grasse. E’ importante invece che la paziente sappia che il suo peso forma non è il più basso peso possibile ma un  intervallo di valori che sono compatibili con la salute, valori spesso molto al di sopra dei canoni estetici. E’ necessario contrapporre alla cultura della magrezza quella della salute.
Alle donne è richiesto di occuparsi dell’alimentazione di tutta la famiglia, e spesso una donna a dieta si sente in dovere di cucinare piatti gustosi e soddisfacenti che poi non deve mangiare. Non c’è da meravigliarsi quindi se le ragazze anoressiche cucinano dolci e alimenti ipercalorici destinati ad altri: si tratta dell’esasperazione di un comportamento che è comunque ritenuto positivo per una donna, e pertanto socialmente incoraggiato.

Il compito di chi prepara i pasti è reso ancora più arduo dalla cronica mancanza di tempo. L’industria alimentare offre piatti di rapida preparazione o precucinati che al vantaggio della praticità contrappongono spesso un eccessivo apporto di grassi, zuccheri, sale. Cibi così arricchiti sono più palatabili ma un loro consumo frequente favorisce inesorabilmente l’aumento di peso. Mancano nel consumatore medio gli strumenti culturali e critici per un acquisto consapevole di questi prodotti.

 Ma l’educazione alimentare sta al cittadino (e alla cittadina!) come la pubblicità sta al consumatore!

L’educazione alimentare è particolarmente importante per la paziente affetta da disturbi del comportamento alimentare la cui capacità di giudizio è messa in crisi dal disturbo stesso. E’ importante smascherare le pubblicità che incitano alla dieta ma anche quelle che danno indicazioni fuorvianti circa reale contenuto energetico e nutritivo dei prodotti industriali. Si noti che per molti prodotti (yogurt, cereali da colazione) la pubblicità si rivolge quasi esclusivamente ad un  pubblico femminile.


Il nutrizionista che si occupa il trattamento dei disturbi del comportamenti alimentare, dovrebbe affrontare questi argomenti con le pazienti e magari con le loro famiglie. Il nostro ruolo non è quello di cambiare la società ma quello di fornire strumenti culturali adeguati alle pazienti, e insegnando loro a leggere con occhio critico questi messaggi anziché recepirli passivamente e adeguarsi inconsapevolmente.

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