Translate

giovedì 2 gennaio 2014

Educazione alimentare e DCA



L’educazione alimentare di una paziente con un DCA

Il trattamento della paziente con un disturbo del comportamento alimentare deve essere personalizzato, cioè adeguato alle caratteristiche fisiche e psicologiche della paziente, al suo stile di vita e alla “storia” del suo disturbo. Per questo è necessario dedicare ampio spazio, nel corso del primo incontro, all’anamnesi personale per capire come e quando è iniziato il disturbo, quali circostanze di vita lo hanno scatenato o accompagnato, l’evoluzione del disturbo nel tempo, eventuali fasi di remissione e di riacutizzazione.
Molte pazienti sperimentano l’anoressia in giovane età per poi approdare alla bulimia. I disturbi cronici e di vecchia data sono  più difficili da trattare rispetto a quelli acuti e recenti, spesso queste pazienti hanno alle spalle una lunga storia di tentativi di guarigione e di ricadute.
All’anamnesi personale segue l’anamnesi alimentare: alla paziente viene richiesto di descrivere la sua tipica “giornata alimentare”  e di segnalare le sua preferenze e avversioni nei confronti dei diversi alimenti.
Il  nutrizionista valuta l’adeguatezza nutrizionale e calorica della dieta in relazione all’età, allo stile di vita e alle condizioni fisiologiche della paziente, nonché l’eventuale esistenza di pregiudizi che condizionano e limitano le sua  scelte (come la frequentissima paura dei carboidrati o dei latticini). Le ragazze affette da DCA si ritengono esperte di diete, nutrienti e calorie. Informarle subito sul valore energetico e nutritivo degli alimenti può essere inutile e anche dannoso.

 In questa fase si prende nota anche di eventuali disturbi gastrointestinali (reflusso esofageo, dispepsia e gonfiore addominale, sindrome dell’intestino irritabile, stipsi, intolleranza al lattosio)  frequenti nei soggetti affetti da DCA, nonché di caratteristiche del comportamento alimentare come la voglia di dolci, il pensiero fisso rivolto al cibo. Spesso la paziente segnala questi disturbi ma non li collega alle sue abitudini alimentari. E’ utile aiutarla a stabilire una relazione tra comportamenti, come l’abbuffata o l’abitudine al vomito, e disturbi come il reflusso esofageo.

Il passo successivo è quello di definire, in accordo con la paziente, gli obiettivi del nostro intervento nutrizionale.

Per le ragazze anoressiche gli obiettivi sono:
·         migliorare l’alimentazione fino ad adeguarla alle necessità energetiche e nutritive
·         graduale recupero di un peso corporeo adeguato
·         ritorno del ciclo mestruale.

Nelle ragazze bulimiche:
·         adeguamento dell’alimentazione alle esigenze della paziente
·         cessazione delle abbuffare e delle conseguenti condotte di eliminazione.


A questo punto si può concordare con la paziente stessa un regime alimentare funzionale. Il regime (meglio non chiamarlo dieta!)  dovrebbe essere, almeno all’inizio, rispettoso della abitudini e convinzioni della paziente. Per le ragazze anoressiche all’inizio non si dovrebbe superare di molto l’apporto calorico assunto abitualmente (si tenga conto che le anoressiche sovrastimano le porzioni che consumano). Si sceglieranno i cibi che preferisce e che non provocano reazioni avverse né dal punto di vista psicologico ne fisico. Si faranno pasti piccoli, frequenti e ben definiti per composizione e porzioni (perché di fronte a indicazioni vaghe la paziente non sa come regolarsi), evitando magari quegli alimenti che possono esacerbare i disturbi gastrointestinali.

Occorre evitare di forzare la paziente ad assumere più cibo di quello che tollera; l’apporto calorico e nutritivo della dieta sarà aumentato via via che la paziente migliora.

Le ragazze anoressiche sono molto attente alle reazioni del loro corpo: è bene spiegare loro che sintomi quali gonfiore addominale, sazietà precoce, stipsi sono normali del corso della rialimentazione di soggetti denutriti.

E’ bene illustrare tutti i sintomi della rialimentazione) e informare del rischio che eventuali abbuffate possono provocare reazioni pericolose e potenzialmente mortali.

Quando la paziente comincia a migliorare (aumento del peso, miglioramento del tono dell’umore) si può cominciare a introdurre nella sua alimentazione i cibi più “pericolosi” e fonte di ansia. La frequente intolleranza al lattosio può essere risolta con somministrazione di dosi crescenti di latte, o con l’impiego di latte privo di lattosio o di yogurt. In tutti i casi, il ripristino di una alimentazione adeguata e soddisfacente aiuta a migliorare il rapporto della paziente con il cibo,  elimina i pensieri ossessivi e distorti, l’ansia, le abbuffate. Il miglioramento della funzionalità dell’apparato digerente è graduale e va di pari passo con l’adeguamento calorico ed il ripristino di una buona varietà alimentare.  Il recupero del peso nelle anoressiche è un processo lento; e il ciclo mestruale può tornare anche molti mesi dopo il raggiungimento di un peso adeguato.


Nelle pazienti bulimiche  il ripristino di un regime alimentare adeguato alle esigenze nutritive, e soddisfacente dal punto di vista delle aspettative psicologiche, provoca la scomparsa dello stimolo ad abbuffarsi, anche se non sempre la cosa è immediata. Migliorano anche i sintomi legati ad un eventuale reflusso esofageo, provocati dall’abitudine al vomito ma anche dai pasti eccessivamente frettolosi e abbondanti.


Spesso le pazienti bulimiche sono in condizione di normopeso, o lieve sovrappeso. Nel caso di pazienti obese, non è impossibile conciliare gli obiettivi della rieducazione alimentare con un regime blandamente ipocalorico che consenta un lento calo di peso.  Può essere preferibile aspettare la normalizzazione dello stile alimentare e dopo affrontare il problema del sovrappeso (problema che è causa di ansia e disagio per la paziente e che per tale motivo non può essere trascurato senza rischiare una ricaduta nel DCA). Spesso è sufficiente che la paziente, seguendo una alimentazione adeguata, si renda conto di non prendere peso per diminuire i livelli di ansia.

Nessun commento:

Posta un commento

commento