L’educazione alimentare di una paziente con un DCA
Il trattamento
della paziente con un disturbo del comportamento alimentare deve essere personalizzato,
cioè adeguato alle caratteristiche fisiche e psicologiche della paziente, al
suo stile di vita e alla “storia” del suo disturbo. Per questo è necessario
dedicare ampio spazio, nel corso del primo incontro, all’anamnesi
personale per capire come e quando è iniziato il disturbo, quali
circostanze di vita lo hanno scatenato o accompagnato, l’evoluzione del
disturbo nel tempo, eventuali fasi di remissione e di riacutizzazione.
Molte pazienti
sperimentano l’anoressia in giovane età per poi approdare alla bulimia. I disturbi
cronici e di vecchia data sono più
difficili da trattare rispetto a quelli acuti e recenti, spesso queste
pazienti hanno alle spalle una lunga storia di tentativi di guarigione e di
ricadute.
All’anamnesi
personale segue l’anamnesi alimentare: alla paziente viene richiesto di
descrivere la sua tipica “giornata alimentare”
e di segnalare le sua preferenze e avversioni nei confronti dei diversi
alimenti.
Il nutrizionista valuta l’adeguatezza nutrizionale
e calorica della dieta in relazione all’età, allo stile di vita e alle
condizioni fisiologiche della paziente, nonché l’eventuale esistenza di
pregiudizi che condizionano e limitano le sua scelte (come la frequentissima paura dei
carboidrati o dei latticini). Le ragazze affette da DCA si ritengono esperte di
diete, nutrienti e calorie. Informarle subito sul valore energetico e nutritivo
degli alimenti può essere inutile e anche dannoso.

In questa fase si prende nota anche di eventuali
disturbi
gastrointestinali (
reflusso esofageo,
dispepsia e
gonfiore
addominale, sindrome
dell’intestino irritabile,
stipsi,
intolleranza
al lattosio) frequenti nei
soggetti affetti da DCA, nonché di caratteristiche del comportamento alimentare
come la voglia di dolci, il pensiero fisso rivolto al cibo. Spesso la paziente
segnala questi disturbi ma
non li
collega alle sue abitudini alimentari. E’ utile aiutarla a stabilire
una
relazione
tra
comportamenti, come l’abbuffata o l’abitudine al vomito, e
disturbi come
il reflusso esofageo.
Il passo
successivo è quello di definire, in accordo con la paziente, gli obiettivi del
nostro intervento nutrizionale.
Per le ragazze
anoressiche gli obiettivi sono:
·
migliorare l’alimentazione fino ad adeguarla
alle necessità energetiche e nutritive
·
graduale recupero di un peso corporeo adeguato
·
ritorno del ciclo mestruale.
Nelle ragazze
bulimiche:
·
adeguamento dell’alimentazione alle esigenze
della paziente
·
cessazione delle abbuffare e delle conseguenti
condotte di eliminazione.
A questo punto
si può concordare con la paziente stessa un regime alimentare funzionale. Il
regime (meglio non chiamarlo dieta!) dovrebbe essere, almeno all’inizio,
rispettoso della abitudini e convinzioni della paziente. Per le ragazze
anoressiche all’inizio non si dovrebbe superare di molto l’apporto calorico
assunto abitualmente (si tenga conto che le anoressiche sovrastimano le
porzioni che consumano). Si sceglieranno i cibi che preferisce e che non
provocano reazioni avverse né dal punto di vista psicologico ne fisico. Si
faranno pasti piccoli, frequenti e ben definiti per composizione e porzioni
(perché di fronte a indicazioni vaghe la
paziente non sa come regolarsi), evitando magari quegli alimenti che
possono esacerbare i disturbi gastrointestinali.
Occorre evitare
di forzare la paziente ad assumere più cibo di quello che tollera; l’apporto
calorico e nutritivo della dieta sarà aumentato via via che la paziente
migliora.
Le ragazze
anoressiche sono molto attente alle reazioni del loro corpo: è bene
spiegare loro che sintomi quali gonfiore addominale, sazietà precoce, stipsi sono normali del corso della rialimentazione di soggetti denutriti.
E’ bene illustrare tutti i sintomi della rialimentazione)
e informare del rischio che eventuali abbuffate possono provocare reazioni
pericolose e potenzialmente mortali.
Quando la
paziente comincia a migliorare (aumento del peso, miglioramento del tono
dell’umore) si può cominciare a introdurre nella sua alimentazione i cibi più
“pericolosi” e fonte di ansia. La frequente intolleranza al lattosio può essere risolta
con somministrazione di dosi crescenti di latte, o con l’impiego di latte privo
di lattosio o di yogurt. In tutti i casi, il ripristino di una alimentazione
adeguata e soddisfacente aiuta a migliorare il rapporto della paziente con il
cibo, elimina i pensieri ossessivi e
distorti, l’ansia, le abbuffate. Il miglioramento della funzionalità dell’apparato
digerente è graduale e va di pari passo con l’adeguamento calorico ed il
ripristino di una buona varietà alimentare. Il recupero del peso nelle anoressiche è un processo
lento; e il ciclo mestruale può tornare anche molti mesi dopo il
raggiungimento di un peso adeguato.
Nelle pazienti
bulimiche il ripristino di un regime
alimentare adeguato alle esigenze nutritive, e soddisfacente dal punto
di vista delle aspettative psicologiche, provoca la scomparsa dello stimolo
ad abbuffarsi, anche se non sempre la cosa è immediata. Migliorano anche
i sintomi legati ad un eventuale reflusso esofageo, provocati dall’abitudine al
vomito ma anche dai pasti eccessivamente frettolosi e abbondanti.
Spesso le
pazienti bulimiche sono in condizione di normopeso, o lieve sovrappeso. Nel
caso di pazienti obese, non è impossibile conciliare gli obiettivi della
rieducazione alimentare con un regime blandamente ipocalorico che consenta un
lento calo di peso. Può essere
preferibile aspettare la normalizzazione dello stile alimentare e dopo
affrontare il problema del sovrappeso (problema che è causa di ansia e disagio
per la paziente e che per tale motivo non può essere trascurato senza rischiare
una ricaduta nel DCA). Spesso è sufficiente che la paziente, seguendo una
alimentazione adeguata, si renda conto di non prendere peso per diminuire i
livelli di ansia.